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Album di culto: Isaac Hayes – Hot Buttered Soul, 1969

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Ho da sempre il pallino per un certo soul/funky bello tirato e sparato a volume antisociale.

Perfino da adolescente, quando mangiavo quasi solo pane e riff stoppati di chitarra, avevo la passione per i groove conturbanti della musica black. Generalmente ho sempre preferito gli scorci strumentali, tipo gli esaltanti motivi da cinema blaxploitation, per capirci, alle linee vocali che sorreggevano le hit più cool.

In prima fila, tra i miei ascolti, c’è sempre stato lo Shaft-man, Isaac Hayes.

Nonostante sia facilmente attribuibile alla categoria del soul sinuoso (quello con melodie lascive e voce “piaciona”), la sua discografia è anche un caleidoscopio di sperimentazioni e contaminazioni molto coraggiose.

Come nel caso di Hot Buttered Soul, che, nel 1969, sporcava le trame black con derive pscichedeliche e con una pienezza di suono e una ricchezza di arrangiamenti sblaorditive.

Solo quattro pezzi compogonono l’album, che si apre con la cover di Walk On By di Burt Bacharach, tutta in crescendo, con un tiro tale che potrebbe fare ballare anche un impedito come il sottoscritto. Subito dopo una gemma dal titolo programmatico di Hyperbolicsyllabicsesquedalymi: unica composizione originale dell’album che parte morbida ed entra progressivamente in modalità rock, con aperture pianistiche e groove incessante.

Sentitela.

One Woman è invece il classico pezzo soul levigato da crooner, la canzone più facile dell’album. Si chiude con i 18 minuti di By the Time, altro clamoroso crescendo composto da Yimmy Web e trasfigurato tra batteria rock, organo acido e dilatazioni da progressive rock.

Ci sarebbe anche un’immaginaria bonus track esaltante, ma appunto immaginaria. Uno scherzo del random di spotfy, un funky indiavolato partito un paio di mesi fa a termine del disco che non mi sono appuntato e non ritrovo più. Ho cercato in ogni modo di ritrovarlo senza risultato. Sarà per un’altra volta.