L’unico aspetto positivo dell’interminabile pandemia sono state le mie immersioni musicali, mai così intense da 20 anni. Però sono state metodiche, molto più di questo improvviso post.
Così metodiche che, nonostante io sia un malato di anni ’70, mi sono buttato sugli ’80, settandomi su suoni e band usualmente lontani dalle mie attitudini. Con il risultato che dopo una decina di mesi di post-punk, new wave, synth-pop e new romantic mi è venuta decisamente voglia di thrash metal. Tanto sempre negli ’80 siamo…
Thrash che si scrive con 2 h, non con una perché “thrash” significa percuotere, non “spazzatura”. Con questa precisazione blocco sul nascere qualsiasi afflato didascalico, però. Lungi da me mettermi a storicizzare l’heavy metal e i suoi infiniti sottogeneri in questo ameno lunedì di tardo agosto.
Giusto un piccolo paradosso, prima di addentrarmi: nonostante il thrash sia il genere di alcuni degli album più noti e amati del metal, non spicca per longevità, soprattutto per quanto riguarda suoni e stile. Tanti sono gli album che suonano davvero vecchi ora, specie quelli dei gruppi meno celebrati, ma spesso iniziatori, come Death Angel, Dark Angel, Exodus e alcune band europee, Coroner in Svizzera, ma tedesche soprattutto, Sodom e Kreator su tutti.
Enorme però il distacco tra gli album indimenticabili e le centinaia di prodotti derivativi, tanto che ci ho messo 4 picosendi a pensare ai primi 5 titoli e molto di più a trovare gli altri, rincorrendo anche band che hanno azzecatto qualche grande canzone più che qualche album (Annihilator in primis) o qualche disco negli anni ’90 come gli Overkill.
Infine, scartando grandissimi gruppi come i Death, i Venom e i Morbid Angel, che sono già oltre il trash metal.
Partiamo dal fondo come fanno quelli bravi per avvincere il lettore. E aggiungendo un pezzo per ogni menzione.
10) SLAYER: SOUTH OF HEAVEN – 1988
Vale più della decima posizione, ma il sud di ogni paradiso paga lo scotto della seconda menzione per gli Slayer (la prima la immaginate e ci arriverete). Album che ha persino un po’ deluso alla sua uscita: più riflessivo del mitico Reign in Blood, altrettanto maligno e persino più funereo. Ormai gemma indiscussa.
9) TESTAMENT: THE LEGACY – 1997
Il gruppo più maideniano del thrash americano esordisce nel 1987 con album notevole, catalizzato dagli accenti chitarristici progressivi di Alex Skolnick. Rimarrà il loro lavoro migliore, sicuramente quello su livelli costantemente alti.
8) KREATOR: PLEASURE TO KILL – 1986
Nell’anno più importante per il genere anche la Germania si iscrive al registro dei più grandi con il disco cult dei Kreator, per molti versi sono già verso il Death Metal soprattutto a livello canoro. Un vortice sonoro di crudezza e violenza pazzesca, tecnicamente slabratissimo, ma davvero ipnotico.
7) PANTERA: COWBOYS FROM HELL -1990
Con i Pantera siamo al confine di genere anche perché la band è stata tutto (persino glam agli esordi) più che thrash, ma questo disco è uno spartiacque fondamentale. Cowboys porta una grande innovazione – diversa e parallela al Black album dei Metallica – in termini di rinnovamento produttivo e sonoro che farà scuola nei ’90. La title track e l’insuperata Cemetery Gates sono i pezzi indimenticati, ma tutto l’album è su livelli enormi. Uno dei gruppi più impressionanti dal vivo che abbia mai visto.
6) ANTHRAX: AMONG THE LIVING – 1987
Probabilmente non sono invecchiati benissimo gli album degli Anthrax, ma Among the Living rimane una delle vette del genere per energia e creatività. Insieme ai Metallica, la band con più influenze hardcore e con il cantato più personale, quello di Joe Belladona, molto lontano dalle derive gutturali di molti colleghi.
5) SEPULTURA: BENEATH THE REMAINS – 1989
Il miglior trash metal extra americano e il miglior disco dei brasiliani prima del più levigato Arise e della loro mutazione “tribale”. Ha la sporcizia sonora del migliore thrash e una vena compositiva mai più raggiunta dai brasiliani.
4) MEGADETH: RUST IN PEACE – 1990
Con il senno di poi i Megadeth sono tra i gruppi più sopravvalutati del genere, soprattutto sono una band cannibalizzata dall’ego di Mustaine e dalle sue derive onaniste di grande strumentista, pessimo vocalista e rivedibile scrittore di canzoni. Ma sono stati capaci di tirare fuori un album incredibile quando il genere agonizzava e i Metallica prendevano altre strade.
3) METALLICA: KILL ‘EM ALL – 1983
L’inizio di tutto. Capace di essere contemporaneamente derivativo per le influenze nettamente distinguibili che rivoluzionario per come le riesce ad assemblare in una sintesi bruciante. Quattro ragazzini rabbiosi capaci di un album furioso, satollo di pezzi cult.
2) SLAYER: REIGN IN BLOOD – 1986
Insuperabile e magistrale esempio di cattiveria e nichilismo musicale. Dominato da un’aria malsana, contiene alcuni dei riff più incredibili mai ascoltati e il più grande pezzo della storia del metal: Raining Blood.
1) METALLICA: MASTER OF PUPPETS – 1986
Non ha l’importanza storica di Kill ‘em All, ma è indubbiamente l’apice compositivo dei Metallica: 8 canzoni immortali con dei picchi impressionati e un equilibrio miracoloso. Burton ci lascia con il punto più alto mai raggiunto dalla band, Orion, ma i pezzi li conoscete tutti, inutile raccontare un lavoro del genere.