Nell’usuale tripudio di miccette, inauguro la rubrica sul pagellino settimanale. L’idea è la meno originale della storia della scrittura, ma è un evergreen confortevole per dileggiare a mano libera.
Come se, poi, qui dentro mi servisse un pretesto per produrmi in iperboli e cazzeggio totale…
La quota di originalità o di dissonanza, se preferite, arriva dal giorno della settimana in cui lo produco: il sabato. E dal fatto che il violento Facundo Mena, interrompendo la sua scalata alle vette delle classifiche mondiali, mi ha reso molto triste e desideroso di scrivere.
Andreas Seppi: 10 (ontologico)
Di Andreas Seppi ho scritto di tutto e in ogni contesto, riuscendo nell’impresa di non dire mai nulla di serio in 15 anni, trasformandolo in un tormentone assurdo e infantile che ha travalicato il tennis. Anni fa un mio datore di lavoro, che non mi aveva mai rivolto una parola, mi chiese notizie di Seppi.
Ah no, una volta, nel vecchio blog, ne scrissi con sobrietà e rispetto, ma proprio per giustificare i lustri spesi a dire cazzate.
A 35 anni gli acciacchi si fanno sentire, la voglia a volte scarseggia (o almeno così ogni tanto dice a mezza bocca), ma ritorna prepotentemente in Seppi non un desiderio morale, quanto uno challengeristico.
Andreas sceglie di rovinare i sogni (bagnati) a stelle e strisce in quel di Cary e redime consecutivamente Broady (che sarebbe inglese, ma vabbè…), Smith e Rubin. Stasera semifinale con il francese Couacaud, per evitare che gli Usa imponessero l’estradizione.
WTA 0 o 10, fate voi
Il tennis femminile rimane l’unico mistero rimasto in un universo sopraffatto dalle leggi delle scienze della natura. Seguirla è contemporaneamente:
- un terremoto emotivo
- un propulsore di bestemmie inedite (se avete in campo qualche scommessa)
- un guilty pleasure inaudito
- un tedio seriale
Ieri, in pochi match quasi in contemporanea nei tornei asiatici, ho assistito a una serie incredibile di break in successione, manciate di set point mancati, divellamenti a specchio e rimonte abortite. Protagoniste: Martic Vs Sabalenka, ma anche Peterson Vs Linette.
La rimonta abortita (di cui si sono macchiate sia Sabalenka che Linette) è un classico assoluto del tennis femminile contemporaneo: quando la favorita invoca la legge baratro e riprende la partita dagli inferi, arriva al terzo set e nonostante l’inerzia tutta dalla sua parte la perde malissimo.
Disinteresse generale: 8
Il disinteresse generale è la premessa discorsiva dell’amico Massimo Garlando, ma ha raggiunto da tempo lo status di categoria ermeneutica. Mai come questa settimana, attendendo la quota di Sinner a Mosca, il disinteresse ha rappresentato le fondamenta stesse del vedere, parlare e scrivere di tennis.
Il circuito maschile è stato inondato da una massa francamente derimente di tornei challenger di cui persino da queste parti è stato difficile trattare. Non paghi ci hanno aggiunto la versione deprimente della Coppa Davis.
Gli unici spunti, tirati per i capelli ed extra movimento giungono dal ritorno alla decenza agonistica di Mmoh (delle cui sorti mi interessa per motivi fuori dalle mie possibilità di autoanalisi) e dai progressi del peccatore iberico Carlos Alcaraz.
Il bambino predestinato (classe 2003!) non fa sfaceli, non ha servizio, ma ha una tigna vagamente nadaliana. Ieri ha perso in rimonta da Caruso, che ha dovuto invocare la legge baratro per portarla a casa, dopo un set e mezzo francamente inguardabile.
A proposito di Nadal, il suo ononimo con la G, conosciuto anche come la risposta bollywoodiana al top di gamma (cit.), continua a divellere nelle terre bosniache di Banja Luka. Sperando di ritrovarlo in uno slam contro Federer. Anche se gli fa passare la voglia di parlare.
Marco Cecchinato: 4
Cecchinato non alberga nella mia mente, tanto che ho appena cercato il nome su google in un momento di seria demenza prematura. Ieri però ne ho seguito le vicende contro Taro Daniel. E gli do 4 nella sua migliore settimana da molto tempo, perché la sua sintesi tra apparente inappetenza agonistica e insolenza tecnica mi urtica assai. Il suo tennis da solido terraiolo, ma con atteggiamento da George Best mi pare un ossimoro insostenibile.
Sperpera, gioca con sufficienza, dinoccola, divelle racchette a fine set come un Vilella Martinez qualsiasi, si pone come se dovesse vincere per diritto divino e per una volta la vince, anche grazie alla mollezza di Daniel, però sembra davvero un giocatore in cerca d’autore, come in un incubo pirandelliano.
[Foto credito: Skuola.net]