Oggi inizia Wimbledon. Soprattutto oggi sarebbe dovuto andare online anche il sito legato a questa pagina.
Sopraffatto dagli impegni, dal calore orrendo (mentre scrivo è saltata la corrente, quindi il ventilatore, l’aria condizionata e il computer ha 36 minuti di autonomia) e dagli abusi enogastronomici ho dovuto spostare avanti la data.
Il menu tennistico però è abnorme: non c’è solo il mitico challenger di Recanati a spostare l’attenzione, ma sempre su terra, e non necessariamente a 40 gradi, si gioca in Germania, a Ludwingshafen. Leggete e pronunciate senza esitazione. Ludwingshafen!
Il movimento è così tracotante e abbondante da piazzare suoi uomini anche qui.
Abbiamo Gianmarco Moroni, che un top spin di dritto dopo l’altro pare aver smarrito ogni velleità di giocare un rovescio e allo stesso tempo ogni inclinazione al divellamento. Il suo match con Clezar si presenta come una forma di espiazione di rarissima severità.
C’è Riccardo Bonadio, italianista vecchio stampo, costantemente a ridosso delle posizioni dove ipotizzare una svolta che non arriva. Con Filip Horansky parte leggermente sfavorito.
E poi c’è lui, il vero italiano modello originale, l’eterna promessa, il giovanissimo non più giovane, l’ultimo rimasto del prototipo originale di tennista che non esplode, perennemente in frenata dalla mitica vittoria a Wimbledon juniores (in foto), come il suo servizio. Sì, lui, Gianluigi Quinzi. Che giocherà domani con Kuhn, spagnolo classe 2000 e tanta voglia di redimere. Sarà probabile mattanza, inferiore solo a quella che sto vivendo io in assenza di qualsiasi forma di refrigerio.