Evidentemente, quando parliamo di qualificazioni Slam c’è una maledizione, che aleggia sull’Italtennis maschile e femminile. In Australia, il divellamento è stato francamente disumano, ammorbidito solo dalle ragazze.
Una cosa tipo Ladyhawke (sono vecchio, ne sono consapevole), con Rutger Hauer lupo di notte e Michelle Pfeiffer falco di giorno, destinati a non incontrarsi mai in fattezze umane.
Rimembriamo: nel momento di massimo splendore del tennis italiano femminile, quello delle Fed Cup e delle vittorie e finali Slam, era raro vedere accedere al tabellone principale ragazze provenienti da quello cadetto, mentre era un’abitudine consolidata tra i maschi, che a livello assoluto, non attraversavano un momento esaltante. Eufemismo.
Ora che nella WTA, con la sola Paolini nelle prime cento, si registra finalmente qualche promettente segno di vita, con la prima qualificazione delle bravissime Trevisan (finalmente!) ed Elisabetto Cocciaretto (mi piace vincere facile, non sarà l’unica volta in uno Slam), ecco arrivare, per contrappasso, la Caporetto al maschile.
La truppa italica si presentava al via con ben undici rappresentanti, di cui tre favoriti per ranking all’accesso al posto al sole. Nella rete del primo turno è inopinatamente cascato l’irriconoscibile Fabbiano, l’uomo che negli Slam di solito si esalta, insieme a Gaio, Baldi, Napolitano e a Giannessi, letteralmente scippato da una singolare interpretazione del regolamento sul medical time out. Di sicuro non l’ha presa benissimo.
Al secondo turno, con Marcora, hanno salutato anche le altre due teste di serie alte: Sua incostanza Mager, purtroppo ancora una volta a un passo dal definitivo salto di qualità, e nonno Lorenzi, volitivo e combattente come al solito, ma stavolta incapace di convertire due match point nel secondo set e tre palle break di fila sul 5-5 del terzo.
E così, al turno decisivo, si sono presentati due potenziali debuttanti e mezzo.
Il mezzo è Viola, già qualificato a Melbourne nel 2012 e reduce da un buon risultato nel primo challenger stagionale. Poi Giustino, che chi scrive segue e sponsorizza (ricorderete questo omaggio quasi struggente), nonostante il sarcasmo generale, da tempi non sospetti.
Infine il bambino d’oro Musetti, WC per la vittoria nel tabellone junior 2019. Quello che aveva avuto in sorte il sorteggio peggiore, tremendo: nientemeno che il coreano Chung, già semifinalista a Melbourne.
Ma i semifinalisti slam occasionali sono spesso vittime della spietata legge di Aiello (che li vuole costretti a un successivo martirio inaudito e indeterminabile) e il ritiro del coreano, l’ennesimo, ha concesso in sorte all’azzurro un onesto mestierante come Weintraub, a caccia dell’ultimo assegnino della carriera.
Gli avversari del terzo turno, rispettivamente Tabilo, Trungelliti e Griekspoor, lasciavano spazio a più di una speranza, vuoi perché le teste di serie degli spot erano tutte saltate, vuoi per l’ottima impressione mostrata dai nostri nel secondo turno (in particolare Musetti, capace di un prestigioso successo in rimonta con Copil).
I risultati della notte hanno detto altro, la mattanza ha preso piede: fuori in due set Viola (nettamente) e Musetti, sconfitto al tiebreak del terzo Giustino, che non è riuscito a trasformare cinque palle break nel set decisivo.
Il napoletano è il primo nella lista d’attesa dei lucky loser e mantiene qualche speranza di ripescaggio. Per evitare il primo Slam senza italiani provenienti dal tabellone cadetto.
Non ci resta che un sano e apotropaico gufaggio.