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Omaggio agli Australian Open, lo slam delle epiche rimonte

Roger Federer pochi minuti fa ha conquistato un altro pezzo di immortalità, sia fisica che morale, recuperando una partita praticamente persa per infortunio e scarsa condizione contro il maniscalco Sandgren, i cui muscoli gonfi si sono afflosciati di fronte a 7 match point annullati, tre consecutivi, uno contro il servizio nel tie break del quarto set.

Dopo la grande rimonta con Millman, il Felpato oggi ha invocato addirittura 4 leggi in 5 minuti, quella del baratro, quella dell’infortunio, quella dei molteplici match point annullati e quella, su cui non ho ancora certezza, della quota 26, che è stata la cifra stessa di questi Australian Open.

E ha invocato anche la fortuna e i miracoli, così ha detto a Courier a fine partita. Di certo in quello spot, dove c’erano anche Sinner, Fognini e Berrettini è successo di tutto: è passata la versione meno imponente di Federer che si ricordi, perché gli dei del tennis sono sempre vigili. E un po’ reazionari.

Leggi e amenità a parte, ogni tanto ci dimentichiamo che il tennis è il più grande sport mai immaginato, inventato e trasformato in prassi e inesauribile bacino di storie e di dramma umano.

L’Australian Open pare avere il compito storico di ricordarcelo. E uno dei protagonisti è stato il super tiebreak al quinto set, teoricamente uno strumento maligno per chi, come il sottoscritto, ama l’idea che almeno negli slam possa non esistere una fine a battaglie leggendari.

Nel concreto devo ricredermi: le due vittorie di Fognini al tie break finale, come quella di Federer con Millman, addirittura da 8 4 sotto, sono stato un tripudio adrenalinico. Ma il ricordo, sinora, più vivo sono le quasi cinque tra Kyrgios e Chachanov, con la sorprendente rimonta del russo, risalito da due set sotto e divelto solo sul traguardo, al quarto tie break consecutivo.

Anche per questo, non perdonerò mai all’eterno distruttore di sogni, Rafa Nadal di aver vinto quel quarto set al tie break ieri contro Nick Kyrgios. Un quinto set sarebbe stato l’epilogo giusto di una grandissima partita.

Non è stata una battaglia sporca e grondante sangue come a Wimbleldon, ma una sfida quasi sana con l’australiano mediamente centrato, come lo è stato per tutto il torneo e Mutanda solitamente inscalfibile.

Fallimentare il tentativo dell’australiano di normalizzarsi nel primo set, perso nettamente e rimandando palle senza peso di là: se si è una Ferrari (con i freni rotti, ma sempre una Ferrari) non si diventa una Panda dall’oggi al domani.

Dal secondo set è stata una grandissima partita, ricca di variazioni e grandi soluzioni balistiche, insanguinata da quella dannata palla corta di Kyrgios al tie break del quarto set. Li tutto è finito e il solito film è stato riproiettato.

Parlo del passato perché temo che le giornate più divertenti siano finite (mentre scrivo Raonin e Djokovic prenotano sbadigli) : il tabellone maschile si sta allineando ai quarti, ci sono i soliti protagonisti, compreso un redivivo Zverev, dalla usuale simpatia contagiosa, ma anche un risorto Wawrinka.

Vedremo altre sfide epiche? Probabile. Vedremo ancora delle grandi sorprese? Molto meno probabile.