La fenomenologia del divellamento con goduria da Roger Federer è un fatto scientifico e conta 3 fasi. L’incontro a Wimbledon di Matteo Berrettini ci torna utile. Non ce ne vorrà il nostro, omaggiato qui senza soluzioni di continuità.
La prima è rifiutare platealmente l’antico adagio dell’odiare fortemente l’avversario, manifestando totale rispetto, ma voglia di stupire gli spettatori dicendo cose tipo
– Giocherò per vincere (ma dai !?)
– Avevo il suo poster in camera e forse gli chiederò l’autografo a fine partita, ma farò di tutto per batterlo
– Mia mamma voleva tradire mio papà con lui, ma non serbo rancore.
– Come cucina la pasta al pomodoro Roger nemmeno Oldani!
La seconda, immutabile, è la severità quasi polpotiana con cui si viene asfaltati in campo.
Esecuzioni sfarzose e severe di tutto il repertorio, palle break sfruttate al primo colpo, goduria estetica maxima per la categoria ampiamente rappresentata di quelli per cui il massimo godimento non è vedere Federer vincere una partita epica ma una partita 6/0 6/0 in 32 minuti.
La terza è ringraziare l’esecutore, toccandogli il corpo con ammirazione sessuale. Anche se durante il match, una fragorosa caduta (di Berrettini) gli ha scatenato un riso per una volta distante perfino dall’eleganza accorta dello svizzero.
[foto credito: TennisWorld]
