In Italia il ristorante vista mare è un’istituzione e un’insidia. Difficile godere seriamente a prezzi umani. Tra le eccezioni svetta sicuramente Il Bucaniere di Fulvietto Pierangelini.
Devo a Ivan De Chiara, di Storie di Vite, la scoperta di questo gioiellino di ristorante a San Vincenzo, condotto con mano fermissima dall’apparentemente burbero Fulvietto (Thor per gli amici).
Sospeso tra ambiente rilassante/contemplativo e una cucina classica e ragionata, Il Bucaniere è lontano da ansie esibizioniste, ma vira su una proposta tutta centrata sulla materia prima, soprattutto sulla qualità del pesce, pietra angolare della visione di Pierangelini.
Sono tornato ancora una volta da queste parti per ritemprarmi dopo le brutture pandemiche e rimettere insieme un pensiero sul lavoro. Perché, ebbene sì, chi lavora nel settore vino lavora anche così, mangiando molto spesso in ottimi ristoranti. Altre volte meno…
Qui le incertezze sulla riapertura ci sono state e non solo per il Covid, a cui si sono sommate una serie di sfortune legate allo stabilimento balneare, ma ora le cose sembrano girare nel modo giusto anche grazie a una clientela affezionata che permette al ristorante di non farsi cannibalizzare dal caldo, quanto spesso soffocante, abbraccio del turismo. Gastronomico e non.
Il menù, in continuo aggiornamento, è legato ovviamente all’estro di Fulvietto e alla disponibilità del pescato, ma conta già una serie di classici.
Tra questi, la passatina di ceci con gamberi (chiaro omaggio al padre Fulvio Pietrangelini), una grande tartare di tonno e le linguine cacio e pepe, con gamberi rossi crudi (le vedete sopra in uno scatto di un anno fa).
Ma anche dei fantastici ravioli ripieni di cipolla, sottilissimi e tecnicamente perfetti.
Da Fulvietto poi non manca mai anche l’amatriciana, che non ti aspetti in un ristorante sul mare. Molto interessanti anche l’uso delle verdure e il modo in cui vengono accostate al pesce.
A proposito di ravioli: ho provato quelli di pesce. Li vedete qui sopra, anzi non li vedete perché sono nascosti sotto la bellissima guarnizione di pesto di basilico, tagliolini di seppia, pomodori e asparagi di mare. Un gran piatto, molto fresco, come i due antipasti che lo hanno preceduto, entrambi a base di gamberi, uno con la ricotta, l’altro con fagiolini e arancia.
Come secondo piatto è stato Fulvietto stesso a proporci una golosissima e scenografica testa di orata. Insieme a cernia e sarago, l’orata è per me il principe dei pesci bianchi, ma la vulgata moderna lo vuole, un po’ come il branzino, banalizzata e sputtanata, per lo più legata a ristori di vecchia scuola.
Eppure parliamo di un grandissimo pesce, la cui diffusione in allevamenti intensivi, lo ha spoetizzato, rendendolo troppo spesso assente nei ristoranti più in voga.
Non essendo un locale di Milano e quindi un mio cliente – o potenziale tale – mi sento anche più libero di imbastire un discorso critico anche sulla sala e sulla carta dei vini. Molto discreta e professionale la sala, puntuale, ma mai leccata o asfissiante, dove spicca l’eleganza felpata della moscovita Oksana Malohatkina. Molto interessante la proposta dei vini, che svetta per equilibrio ed elasticità.
Il realismo non fa difetto al Bucaniere e quindi è facile trovare una serie di referenze necessarie per chi lavora in un ristorante di pesce toscano vista mare, ma non mancano alcune chicche anche molto ricercate e una disponibilità sopra la media nazionale di Trebbiano di Valentini.
Bella la selezione francese, piuttosto ricca, e notevole la selezione di Champagne, tra cui abbiamo pescato la nostra boccia da pranzo, l’Assemblage di Dhondt- Grellet, che ho già recensito su Intralcio. Insomma ce ne sono per tutti e tutte le tasche.
[Tutte le immagini, belle o brutte che siano, sono di Adriano Aiello]