Manca un giorno a Natale, è la settimana con meno tennis dell’anno e invece di farvi gli auguri o postare su Sinner che festeggia con la Sharapova, vi parlo di scommesse e vi faccio una domanda: sapete cosa sono le value bet nel betting?
Possibili risposte:
Sì, ma lo ignoro o lo aborro con crassa arroganza
Sì e provo a giocare seguendone i dettami
No, ma mi interessa approfondire
No e non mi frega nulla di saperne il significato
Tre delle quattro risposte potrebbero anche proseguire nella lettura, nonostante il giorno in cui viene proposta.
Per chi viene dal poker, come il sottoscritto, e ha il pallino per le scommesse esistono molti parallelismi interessanti, anche terminologi, tra i due mondi, ma soprattutto entrambi rifiutano casualità, scarsa analisi ed emotività.
Certo, la fortuna (meglio parlare di varianza) fa il suo, ma non esiste scommettitore casuale vincente sul lungo termine.
Il che rappresenta un interessante paradosso: in un mondo regolato da gerarchie ferree, sociopatie di ogni genere, regole sociali prescrittive, moralismo e conformismo, il brivido della scommessa potrebbe rappresentare anche un momento liberatorio.
Ma a lungo tempo senza un sistema di gioco verrete inusitatamente divelti: è un fatto.
Se value bet nel poker significa una puntata con la certezza di avere il miglior punto sul piatto (quindi fatta per cercare il call dell’avversario), nel betting è la ricerca comparativa della migliore quota su uno specifico evento, rispetto alla quota che voi vi attendete.
Lo so, per alcuni le value bet sono un miraggio o uno dei tanti sproloqui di chi si spara pose da tipster o da scommettitore di alto livello per mostrarsi di successo: il malato di betting medio spende la metà del suo tempo nel mostrare la bontà delle sue giocate celando gli errori per rifiutare l’idea di se stesso come sperperatore di denari.
Eppure le value bet esistono: sono intorno a noi, sono come noi, in molti casi siamo noi… Ok, la citazione può avere termine, torniamo seri. Forse…
Esistono perché non tutti i bookmaker si copiano le quote e quando una giocata ha un valore più alto di quello da voi atteso avete a disposizione la vostra value bet.
Di esempi ce ne sono in quantità, specie nel tennis. Al netto degli exploit, che sono sempre la migliore scommessa possibile (tipo Sinner a Bergamo per capirci), la comparazione tra le quote sono lo strumento unico per scovarle, a patto ovviamente che:
Sappiate dove comparare. Oddspedia e Oddschecker sono imprenscindibili
Abbiate aperto un conto su un numero consistente di operatori
Non vi rompe le palle studiarvi le statistiche
Siate profondamente conoscitori della disciplina su cui cercate le quote
Non esiste value bet infatti non riconducibile alla propria esperienza, perché è solo tramite questa che potreste ritenere Berrettini vincitore di Monfils a 2.85 una quota sbagliata dal bookmaker.
Perché di quello si tratta: una value bet è una quota sbagliata su cui voi pensate di investire. La si calcola anche matematicamente, ma non vorrei finire in sentieri troppo complessi da spiegare in questo spazio.
Molto concretamente, se secondo voi Berrettini meritava una quota di 2.3 per quei quarti di finali agli Us Open, averlo trovato a 2.85 significa aver scovato la vostra value bet.
Ancora più calzante è la situazione nella quale individuate una quota per voi interessante e da quando esce all’inizio del match questa scende particolarmente. In quel caso avete la migliore dimostrazione del vostro fiuto e saprete di aver fatto una scelta giusta, al di là del risultato.
Anche perché in questo caso potreste trasformarla in una sure bet, cioè una scommessa dalla vincita certa puntando la quota opposta in bilanciamento.
Ma non mettiamo ulteriore carne al fuoco.
Occhio però alle value bet trabochetto, quello che solleticano la nostra voglia di scommettere un evento molto improbabile, situazioni che personalmente mi solleticano spesso molto. Troppo.
Prendiamo il classico primo turno challenger o itf in cui vengono inseriti in tabellone giocatori locali (che siano giovani promesse, scappati di casa o ricercati dalla criminalità locale conta poco, ogni tanto se ne trova uno che farà strada, ma molto raramente) di cui si sa poco o niente.
Molti book sono spesso molto generosi su queste quote, magari alzando l’asticella di una quota media di anche del 30%, perché alla fine che voi giochiate l’Urinov di turno a 10 o a 13 state comunque scommettendo un evento ad altissimo rischio. Certo, ci mettiamo pochi spicci, la chiamiamo bet for fun, tutto quello che volete, ma nel compito finale sarà una delle numerose passività.
Buona indigestione.