Quand’ero ragazzino, passavo giornate intere a giocare a Subbuteo con mio fratello. La rivalità era talmente accesa che, spesso, quando le cose si mettevano male per uno dei due, il campo volava per aria. E con il campo volavano pure i giocatori che, essendo delicati, a volte si spezzavano, all’altezza delle ginocchia.
Poi, smaltita la rabbia e preso atto dell’entità del danno, toccava ripararli. Le colle dozzinali dell’epoca servivano a poco, quindi la soluzione più efficace era quella di avvicinare il giocatore infortunato alla fiamma di un accendino, per saldare le due parti. Con ottimi risultati pratici, ma con una controindicazione: le sottili gambette degli omini, consumate dal fuoco, quasi sparivano, dando alla lunga l’effetto ottico di una squadra affetta da nanismo.
Se Juan Martin Del Potro fosse un mio omino del Subbuteo, dal metro e novantotto sarebbe ormai precipitato all’altezza di Schwartzman (e non avrebbe neanche le braccia), a forza di infortuni. Ultimo dei quali, freschissimo, la nuova frattura della rotula, durante il match vinto con Shapovalov.
Questo per augurargli l’ennesimo in bocca al lupo della sua travagliata carriera. E un ritorno veloce ai livelli che merita, perché a Subbuteo, quando segnava un omino nano, si godeva il doppio.
[foto credito: yahoo sport]